Pesa la metà della Terra, è grande circa quanto Marte e al centro è molto simile a Mercurio. Si chiama Gj 367b e si trova in orbita attorno a una nana rossa di tipo M a soli 31 anni luce dalla Terra. La sua peculiarità, però, è un’altra: ruota talmente vicino alla stella ospite che, su di esso, un anno dura meno di otto ore
03/12/2021
Pianeti da far venire il capogiro. L’ultimo scoperto ci metterebbe meno di otto ore per compiere un’intera rivoluzione (7.7h per la precisione): un anno che dura meno di una giornata lavorativa. Se ne parla sull’ultimo numero di Science, uscito lo scorso 2 dicembre.
Il pianeta, che nonostante la particolarità non ha meritato un nome diverso da quello di catalogo – Gj 367b – fa parte dei cosiddetti pianeti extrasolari a periodo ultra breve (ultra-short period exoplanets), la sottoclasse più estrema degli esopianeti di breve periodo (così chiamati perché rivoluzionano attorno alla propria stella in meno di 24 ore). Quello appena scoperto è un po’ più piccolo della Terra (simile a Marte, per dimensioni), molto denso – con un nucleo di ferro simile a quello di Mercurio – e con una temperatura superficiale vicina al punto di sublimazione del ferro.
La sua stella, Gj 367, si trova a soli 31 anni luce da noi, ha una massa e un raggio la metà del Sole, ed è categorizzata come nana rossa di tipo M – la tipologia di stelle più diffusa nei dintorni solari. Condizione necessaria affinché un pianeta orbiti così veloce attorno alla sua stella è che esso si trovi estremamente vicino ad essa: e, infatti, Gj367b viene investito da una radiazione 500 volte superiore a quella che la Terra riceve dal Sole, tanto che il lato rivolto a giorno del pianeta bolle fino a 1500 gradi Celsius. A queste temperature estreme, qualsiasi atmosfera si sarebbe vaporizzata da tempo, insieme a qualsiasi segno di vita, almeno come la conosciamo noi.
Il nuovo pianeta è stato scoperto dal Transiting Exoplanet Survey Satellite (Tess) della Nasa, che monitora il cielo alla ricerca di variazioni nella luminosità delle stelle più vicine. La tecnica usata da Tess, quella dei transiti, è un grande classico nella ricerca di esopianeti, e si basa sui cali periodici nella luce delle stelle causati dall’attraversamento di un pianeta lungo davanti a esse e percepito, da chi le osserva, come una sorta di eclissi parziale.
Per circa un mese – dal 28 febbraio al 26 marzo 2019 – il satellite ha osservato una regione del cielo meridionale in cui si trova la stella Gj 367. Dopo aver confermato che il calo periodico in luminosità era causato da un pianeta a periodo ultra-corto, gli scienziati hanno osservato la stella più da vicino, utilizzando l’High Accuracy Radial Velocity Planet Searcher (Harps), uno strumento installato sul telescopio da 3,6 metri dell’Eso a La Silla, in Cile. Diversamente da Tess, Harps trova gli esopianeti mediante la tecnica delle velocità radiali, rilevando cioè piccolissimi spostamenti doppler nel moto della stella causati dall’influenza gravitazionale di un pianeta.
Dalla combinazione delle misure fotometrice (di Tess) e spettroscopiche (di Harps), gli scienziati hanno determinato il raggio del pianeta, circa il 72 per cento di quello terrestre, e la sua massa, poco più della metà di quella della Terra: queste due caratteristiche ne fanno uno fra i pianeti più leggeri mai scoperti e, inoltre, indicano che esso ha un nucleo ricco di ferro che occupa ben l’86 per cento del suo interno.
Nonostante le stelle nane di tipo M siano buone candidate a ospitare pianeti nella zona abitabile, Gj 367b non è fra questi. L’interesse scientifico, in questo caso, è tutto rivolto alla sua storia passata. Come ci è arrivato così vicino alla stella? Si è trattato di un evento violento o di un lento scivolamento verso di essa? La stessa domanda gli astronomi se la pongono da molto tempo per altri pianeti extrasolari molto vicini alla loro stella, come gli hot Jupiters. La vicinanza del sistema Gj 367 offre una possibilità in più per indagare la questione, con una precisione che ha pochi rivali.
Comunque, forse Gj 367b non è l’unico inquilino del sistema: c’è la possibilità che il pianeta abbia compagni abitabili. «Per questa classe di stelle, la zona abitabile sarebbe da qualche parte vicino a un’orbita di un mese», dice George Ricker, ricercatore Kavli Institute for Astrophysics and Space Research del Mit e coautore dello studio. «Poiché questa stella è così vicina e così luminosa, abbiamo buone possibilità di vedere altri pianeti in questo sistema. È come se ci fosse un cartello che dice: cercate qui altri pianeti!».
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Articolo pubblicato su media.inaf.it, nelle sezioni Astronomia e News
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