Tenere foglioline di arabetta comune – una pianta geneticamente molto semplice e proprio per questo molto gettonata negli esperimenti scientifici – sono germogliate sul suolo lunare. La notizia è apparsa la scorsa settimana su Communication biology, una rivista del gruppo Nature, e a riuscirci – dopo 11 anni di attesa e almeno tre richieste alla Nasa per ricevere i campioni – sono stati due ricercatori dell’Institute of Food and Agricultural Sciences dell’università della Florida.
L’arabetta comune, dicevamo, è una pianta che si presta bene alla sperimentazione nelle scienze vegetali: è stata la prima di cui sia stato completato il sequenziamento genico completo, ed è già stata impiegata in alcuni esperimenti di coltivazione in microgravità sulla stazione spaziale internazionale. Dato il valore inestimabile dei campioni di suolo lunare impiegati nell’esperimento, e data l’esigua di regolite concessa dalla Nasa, l’esperimento è stato monitorato costantemente in ogni sua fase. I ricercatori avevo a disposizione appena 12 grammi di regolite lunare prelevati dagli astronauti durante le missioni Apollo 11, 12 e 17 per riuscire nell’ambizioso tentativo, e per confrontare il processo di crescita delle piante in diverse condizioni: sul suolo lunare vero e proprio, su un terreno creato ad hoc sulla Terra per riprodurre il vero suolo lunare, e in campioni terrestri provenienti da ambienti estremi.
La regolite è stata posta in piccoli contenitori della dimensione di un ditale di plastica – ciascuno contenente un grammo circa di materiale – normalmente usati per la coltura delle cellule. Il contenuto di ciascun vasetto in miniatura è stato poi inumidito con una soluzione nutritiva e in ognuno sono stati aggiunti alcuni semi di arabetta. Dopo poche settimane – un altro vantaggio dell’arabetta, infatti, è la brevità del suo ciclo di vita – e non senza sorpresa, quasi tutti i campioni hanno germogliato. L’esperimento – fondamentale in previsione delle lunghe missioni spaziali che le agenzie spaziali hanno in cantiere per i prossimi anni – ha dimostrato che il terreno lunare può prestarsi a far crescere delle piante. Alcune differenze, comunque, fra le piante cresciute sulla regolite e le altre, era evidente: le prime, soprattutto quelle provenienti da campioni di regolite raccolti in regioni maggiormente esposte ai raggi cosmici, erano in media più piccole e presentavano evidenze, a livello genetico, di sofferenza e stress. In altre parole, per crescere le piante hanno dovuto far fronte alla composizione chimica e strutturale del suolo lunare e, per farlo, l’arabetta ha dovuto usare risorse tipicamente impiegate (nel mondo vegetale) per affrontare i fattori di stress, come la presenza di sale o metalli o lo stress ossidativo. Il prossimo passo, scrivono i ricercatori, sarà quello di trovare un modo per ridurre lo stress e far crescere le piante con un impatto minimo sulla loro salute e capire se davvero, un giorno, potranno esistere delle vere e proprie serre lunari per i viaggiatori dello spazio.
Servizio di Valentina Guglielmo