È un enorme blob di materia fusa – circa quattromila km – che si origina dalle profondità del Pianeta rosso e si spinge fin sulla superficie. Molto probabilmente è alla base dell’intensa attività vulcanica e sismica della regione in corrispondenza della quale è stato rivelato: Elysium Planitia. A individuarlo sono stati due ricercatori del Lunar and Planetary Laboratory dell’Università dell’Arizona
06/12/2022
Qui sulla Terra la teoria della tettonica a placche fornisce una spiegazione a fenomeni molto diversi fra loro, come il vulcanismo, l’attività sismica, l’orogenesi e la formazione dei continenti e degli oceani. L’assenza di processi simili su Marte ha portato molti a considerare il Pianeta rosso un mondo morto, dove nulla o poco è successo negli ultimi 3-4 miliardi di anni.
Secondo una nuova ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati ieri su Nature Astronomy, le cose non starebbero affatto così. Le prove osservative e i modelli geofisici ottenuti dal team di ricercatori che ha condotto lo studio suggeriscono infatti che la superficie apparentemente tranquilla del pianeta potrebbe nascondere in realtà un interno più tumultuoso di quanto si pensasse.
Le prove in questione riguardano la scoperta di una gigantesca massa sotterranea di roccia fusa di circa 4mila chilometri di diametro. Gli addetti ai lavori li chiamano pennacchi del mantello (mantle plumes, in inglese). Si tratta di “blob” di materia incandescente che si originano nel nucleo di un pianeta o al suo confine, salgono attraverso lo strato intermedio, il mantello, fino a raggiungere lo strato più esterno, la crosta, causando terremoti, faglie ed eruzioni vulcaniche.
«Il nostro studio presenta molteplici prove che rivelano la presenza di un gigantesco pennacchio del mantello attualmente attivo su Marte», sottolinea Adrien Broquet, ricercatore presso il Lunar and Planetary Laboratory dell’Università dell’Arizona e coautore della pubblicazione.
Nello studio i ricercatori hanno concentrato le loro ricerche su Elysium Planitia, una vasta regione situata vicino all’equatore, interessata da fenomeni di vulcanesimo relativamente recenti, nonché sito scelto dalla Nasa per l’atterraggio di InSight, il lander lanciato nel 2018 con l’obiettivo di studiare l’attività sismica e geodetica del pianeta. La scelta di questo sito per lo studio in questione non è casuale. A differenza di altre regioni di Marte, che non hanno sperimentato attività vulcanica per miliardi di anni, Elysium Planitia negli ultimi 200 milioni di anni è stata interessata da grandi eruzioni.
«Uno studio precedente condotto dal nostro gruppo ha trovato su Elysium Planitia prove della più recente eruzione vulcanica conosciuta su Marte», dice a questo proposito Jeffrey Andrews-Hanna dell’Università dell’Arizona, l’altro autore della pubblicazione. «Questa eruzione ha creato una piccola esplosione di cenere vulcanica circa 53mila anni fa – in termini di tempo geologico significa che è avvenuta essenzialmente ieri»
Il vulcanismo nella regione Elysium Planitia ha origine da Cerberus Fossae, una regione interessata da una serie di spaccature, o graben, che si estendono per oltre 1200 km attraverso la superficie marziana. Recentemente, il team di InSight della Nasa ha scoperto che quasi tutti i terremoti marziani provengono da questa regione. Sebbene queste recenti attività vulcaniche e sismiche siano state ben documentate, la causa sottostante rimane a oggi sconosciuta. Secondo i ricercatori, l’attività geodinamica del pennacchio del mantello appena scoperto fornisce una spiegazione tanto all’uno quanto all’altro fenomeno, come pure alle variazioni nella gravità regionale e alla topografia locale.
Sulla Terra, il vulcanesimo e i terremoti possono essere causati sia dalla tettonica a placche che dai pennacchi del mantello. In quest’ultimo caso, la loro attività si manifesta attraverso una classica sequenza di eventi: il blob di roccia incandescente del pennacchio – simile a quello che si leva nelle lampade di lava – spinge contro la superficie, sollevando e stirando la crosta. Una volta aperta una fessura, la roccia fusa del pennacchio viene espulsa come lava basaltica, creando vaste regioni vulcaniche.
Quando il team ha studiato le caratteristiche della regione Elysium Planitia, ha trovato prove della stessa sequenza di eventi, rivelando una superficie sollevata di oltre un miglio, cosa che la rende una delle regioni più elevate tra le vaste pianure settentrionali di Marte. Le analisi delle piccole variazioni nel campo gravitazionale hanno inoltre indicato che questo sollevamento è supportato da un’attività che viene dal profondo del pianeta, coerentemente con la presenza di un pennacchio del mantello. Ma non è finita. Altre misurazioni hanno mostrato che il pavimento dei crateri da impatto presenti in questa regione è inclinato nella direzione del pennacchio, supportando ulteriormente l’idea che qualcosa abbia spinto la superficie verso l’alto dopo la formazione dei crateri stessi. Infine, quando i ricercatori hanno applicato un modello geodinamico all’area, hanno scoperto che solo la presenza di un pennacchio gigante, largo circa 4mila chilometri, poteva spiegare la formazione della regione Cerberus Fossae.
«Su Elysium Planitia abbiamo rivelato tutto ciò che ci aspetta di vedere con un pennacchio del mantello attivo», osserva Broquet. «Avere un pennacchio del mantello attivo su Marte oggi è un cambio di paradigma per la nostra comprensione dell’evoluzione geologica del pianeta, simile a quando le analisi delle misurazioni sismiche registrate durante l’era Apollo hanno dimostrato che il nucleo della Luna è fuso», aggiunge il ricercatore. «Il pennacchio ha influenzato un’area di Marte più o meno equivalente a quella degli Stati Uniti. Studi futuri dovranno trovare un modo per spiegare la presenza di questo enorme pennacchio che non ci si aspettava fosse lì».
Oltre che implicazioni nella dinamica attuale e nella storia geologica di Marte, la scoperta dei ricercatori potrebbe avere implicazioni anche per la vita sul pianeta. La regione oggetto dello studio ha sperimentato nel suo recente passato geologico inondazioni di acqua liquida che oggi ritroviamo sotto forma di ghiaccio d’acqua ricoperto da materiale vulcanico. È possibile che il calore del pennacchio che sta alimentando l’attività vulcanica e sismica in corso possa sciogliere questo ghiaccio d’acqua e provocare reazioni chimiche che potrebbero sostenere la vita nel sottosuolo.
«I microbi sulla Terra prosperano in ambienti come questo, e ciò potrebbe essere vero anche su Marte», sottolinea Andrews-Hanna. «Sapere che esiste un gigantesco pennacchio del mantello attivo sotto la superficie marziana solleva importanti domande su come il pianeta si è evoluto nel tempo. Siamo convinti che il futuro abbia in serbo altre sorprese».
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Articolo pubblicato su media.inaf.it, nelle sezioni Astronomia, Geologia, News
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