Roberto Battiston, fisico, già presidente dell’Agenzia spaziale italiana: «Dobbiamo però continuare ad avere lo stesso comportamento virtuoso che abbiamo avuto fino ad ora»
di Alessandra Arachi
«Se continuiamo ad avere lo stesso comportamento avuto fino ad oggi, i primi di gennaio potremo azzerare l’Rt».
Davvero professor Roberto Battiston?
«Si, ma c’è un se importante: dovremo continuare ad avere lo stesso comportamento virtuoso».
Stesso comportamento di quando?
«Di quello che abbiamo avuto dal 23 ottobre ad oggi. Sono cinque settimane che l’Rt sta calando di 0,15».
Quindi?
«Quindi procedendo di questo passo potremo azzerare l’indice di contagio per i primi di gennaio».
Lei è un fisico delle particelle, di impronta sperimentale. Aveva predetto il picco dei contagi intorno al 27 novembre.
«Si, ma ho avuto il vantaggio che le condizioni di contorno non sono cambiate fino al picco di novembre».
Le condizioni di contorno?
«Le modalità di vita nel nostro Paese».
Ha misurato anche cos’altro succederà i primi di gennaio?
«Si, le terapie intensive dovrebbero scendere a 370, oggi sono circa dieci volte di più, 3750».
E il numero dei ricoveri negli ospedali?
«Gli ospedalizzati dovrebbero scendere poco più di un fattore dieci, ovvero essere 2 mila e 700, oggi sono più di 36 mila».
E il numero dei contagi si azzererà?
«Dovremo arrivare ad avere circa 60 mila infetti attivi, anche in questo caso parliamo di circa un fattore dieci in meno di oggi. Le curve scendono tutte alle stessa maniera, con la stessa velocità con cui sono salite».
Cosa succederà i primi di gennaio con questi 60 mila infetti attivi?
«A quel punto con l’Rt praticamente azzerato gli infetti attivi sono destinati a guarire o a morire».
Quindi a quel punto potremo dire di essere praticamente usciti fuori dall’epidemia?
«Assolutamente no».
Perché no?
«Basta un dato per capire: il 29 settembre avevamo 50 mila infetti attivi».
Poi cosa è successo?
«L’unica cosa che è successa di diverso è stata la riapertura delle scuole».
Dunque secondo lei non dobbiamo riaprire le scuole?
«No, non dico questo».
Cosa allora?
«Intanto dobbiamo capire che metà del paese è legato in qualche modo alle scuole, e quindi agire soprattutto in quel che succede fuori dalle scuole. E poi bisogna dividere il problema».
Cioè?
«Il punto problematico sono i liceali, gli studenti delle superiori, quelli delle medie non influiscono in maniera significativa nella variazione dell’Rt».
Pensa che si dovrebbero tener quindi chiusi gli istituti superiori?
«Penso che da qui al 7 gennaio, quando gli studenti delle superiori dovrebbero tornare sui banchi, ci sono cinque settimane molto preziose durante le quali si possono mettere a punto le precauzioni che fino ad ora sono state ignorate».
Quali?
«Il problema più importante per gli studenti delle superiori non è tanto quello che avviene all’interno della scuola, ma quello che succede fuori».
Cosa intende?
«Prima di tutti i trasporti. È inutile fare il distanziamento nelle aule quando si fanno viaggiare i ragazzi su autobus pieni. Se non stiamo attenti a questo la terza ondata sarà inevitabile. Bisogna stare attenti soprattutto in alcune regioni».
Cosa vuole dire?
«Per i miei calcoli ho assunto l’Italia come unico elemento, in realtà l’andamento è diversificato a livello regionale».
Quali sono le regioni più problematiche?
«Il Friuli Venezia Giulia, la Calabria, la Puglia, persino il Veneto: i loro numeri non danno indicazioni chiare».
A metà gennaio dovrebbe arrivare il vaccino?
«Si, e vorrei fare una provocazione da fisico, se posso».
Prego.
«Dagli studi che sono stati fatti, e in parte anche da quello che ho appena esposto, viene fuori che il maggior contagio arriva dai ragazzi tra i 15 e i 20anni. In gergo si dice che sono una sorgente».
E allora?
«Io tra vaccinare prima tre milioni di liceali o 26 milioni di over 50 vaccinerei prima i liceali così da eliminare la sorgente dei contagi».
Articolo pubblicato il 2 dicembre 2020, su corriere.it, sezione Cronache