Un modo per aumentare l’efficienza di scoperta degli asteroidi pericolosi per la Terra consiste nell’osservare il cielo dallo spazio tramite satelliti. Se poi si va all’altezza dell’orbita di Venere e si usano più sonde i risultati possono essere strabilianti. Vi raccontiamo i recenti risultati dello studio di un team di ingegneri aerospaziali cinesi che hanno concepito l’innovativo sistema “Crown”
21/10/2022
Dopo il recente successo della missione Dart, riguardante il primo test di deflessione orbitale con impattore cinetico del piccolo Dimorphos – satellite dell’asteroide near-Earth (65803) Didymos – si potrebbe pensare che il problema della mitigazione del rischio impatto degli asteroidi con la Terra sia stato risolto. In realtà non è così, per almeno due motivi. Prima di tutto non c’è una sonda sulla rampa di lancio pronta a partire per intercettare eventuali asteroidi a rischio collisione e – soprattutto – la scoperta preventiva dei Nea è demandata sempre ai telescopi al suolo, con tutti i limiti di osservabilità che ciò comporta. La scoperta con largo anticipo di un asteroide in rotta di collisione con la Terra è la condizione necessaria, anche se non sufficiente, per mettere in atto una qualsiasi tecnica di deflessione orbitale con probabilità di successo diversa da zero: se il preavviso dovesse essere troppo breve – ad esempio un mese per un oggetto di 500 m di diametro – non ci sarebbe materialmente il tempo per operare una deflessione efficiente. Al momento le survey principali che ogni notte esplorano sistematicamente il cielo a caccia di nuovi Nea sono la Catalina Sky Survey, Pan-Starrs e Atlas, tutte di origine statunitense. Fra qualche anno entrerà in funzione anche l’innovativa rete europea di telescopi Flyeye di Asi ed Esa che, grazie all’enorme campo di vista, darà un contributo molto importante alla scoperta preventiva degli asteroidi.
Nel campo della prevenzione contro i Nea sta muovendo i primi passi anche la Cina e in questa news vogliamo parlarvi dell’articolo pubblicato dal team guidato da Xiangyu Li, della Scuola di ingegneria aerospaziale dell’Istituto di tecnologia di Pechino. L’idea che sta alla base del lavoro è di attuare una sorveglianza degli asteroidi dallo spazio invece che dal suolo. Osservare dallo spazio porta a degli indubbi vantaggi: non c’è il problema delle condizioni meteorologiche e si possono osservare anche zone di cielo angolarmente vicine al Sole ossia scoprire asteroidi che provengono dal cielo diurno, cosa che dal suolo non è possibile – Chelyabinsk docet. Per contro aumentano notevolmente i costi d’implementazione e gestione. Pensare di osservare gli asteroidi dallo spazio non è una cosa originale: missioni spaziali come Neowise sono già state impiegate per la scoperta dei Neo, tuttavia l’idea di Xiangyu Li e colleghi va oltre: in breve si tratta di disporre una costellazione di sei sonde all’altezza dell’orbita di Venere dotate di telescopi a grande campo di vista (circa 45°) e con magnitudine limite +24. I telescopi sarebbero puntati in direzione opposta al Sole in modo tale da poter identificare non solo gli asteroidi che si muovono intersecando l’orbita terrestre, come quelli delle classi Aten, Apollo e Amor, ma anche quelli più interni come gli Atira, la cui scoperta dalla Terra è molto difficile per la vicinanza al Sole. La costellazione è stata chiamata Crown (corona) dagli autori, acronimo di Constellation of heterogeneous wide-field Nea surveyors.
Più in dettaglio la missione Crown prevede l’invio di una sonda madre che verrà parcheggiata nel punto Lagrangiano L2 del sistema Venere-Sole. Dalla sonda madre usciranno sei sonde di sorveglianza (surveyor) che verranno disposte lungo l’orbita di Venere a intervalli regolari, così da coprire in modo omogeneo tutta l’orbita terrestre.
Per verificare l’efficienza di detection di Crown nel paper sono state simulate le osservazioni sui 2072 asteroidi potenzialmente pericolosi noti al momento della stesura del lavoro. Alla fine dei cinque anni di durata della missione il 99,8 per cento (2068) è risultato scoperto. I quattro mancanti all’appello sono sfuggiti alla detection perché non si sono mai avvicinati abbastanza a Crown da scendere sotto la magnitudine apparente +24. Per confronto, l’efficienza dei telescopi al suolo sugli asteroidi potenzialmente osservabili è stimata del 30 per cento. Sempre nella simulazione, il 94,5 per cento dei target sono stati osservati per più di cento giorni un lasso di tempo sufficiente per una buona determinazione orbitale, mentre circa il 30 per cento degli asteroidi sono stati osservati da due surveyor diversi nello stesso istante di tempo. Questo consente di determinarne la distanza rispetto al Sole con buona precisione, semplicemente per effetto della parallasse. La precisione sulla posizione dell’asteroide è di 5 km dopo 40 giorni di osservazione da un singolo surveyor, valore che scende a 10 giorni nel caso di osservazione da due sonde diverse. Oltre che sui Pha già noti è stata simulata un’intera popolazione di 100mila asteroidi virtuali: in questo caso il tasso di detection alla fine della missione scende all’81 per cento. Questa riduzione delle performance è dovuta al fatto che i Pha noti sono quelli più facili da scoprire perché brillanti, mentre se si simula una popolazione asteroidale completa, una parte dei target può sfuggire alla scoperta perché troppo deboli. In ogni caso si tratta di risultati molto incoraggianti che invitano a proseguire gli studi sulla possibilità di mettere effettivamente in atto Crown.
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Articolo pubblicato su media.inaf.it, nelle sezioni Astronomia, New, Spazio e Tecnologia e Innovazione.
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